“La Cgil è sempre dalla parte di coloro che subiscono ingiustizie”. Lo dice Elena Lattuada, segretario generale della Cgil Lombardia, parlando dell’iniziativa portata avanti da Inca Cgil Lecco e Inca Cgil Lombardia che sta tutelando legalmente cinquanta persone che hanno chiesto il rimborso della tassa per il rinnovo del permesso di soggiorno.
I fatti risalgono al periodo che va dal 2011 al 2016. Nel 2011 infatti lo Stato ha introdotto un ulteriore contributo che va dagli 80 ai 200 euro a seconda della tipologia del titolo di soggiorno. “In pratica ogni cittadino straniero prima pagava solamente il costo della marca da bollo, pari a 16 euro, la stampa del documento (27,50 euro) e la spedizione postale (30 euro) – afferma Serena Piva, responsabile dell’Ufficio migranti Inca Cgil Lecco –. Con l’introduzione di questa norma si sono aggiunti i costi dell’ulteriore contributo, previsto dal decreto”.
Nel 2015 la Corte di Giustizia europea ha dichiarato che questo contributo era sproporzionato in quanto rendeva economicamente difficoltoso l’accesso degli stranieri al regolare permesso di soggiorno. Il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato hanno annullato il decreto ministeriale che aveva disposto gli incrementi, riconoscendo che l’amministrazione avrebbe dovuto fissare nuovi importi purché proporzionati e non eccessivi e disciplinare la restituzione di quanto pagato in eccesso. Ma nonostante la condanna e le successive richieste di rimborso, l’Italia non solo non ha mai restituito quando dovuto, ma non ha mai nemmeno risposto alle richieste inviate dai cittadini dall’ufficio lecchese.
“Quindi abbiamo deciso di procedere con una causa collettiva tutelando 50 nostri assistiti – spiega Cinzia Gandolfi, direttrice dell’Inca Cgil Lecco –. Per questo abbiamo contattato l’avvocato Alberto Guariso di Asgi-Associazione studi giuridici sull’immigrazione, uno dei legali più competenti sulla materia a livello nazionale”.
Il professionista ha presentato le carte al Tribunale di Lecco. “In tutta Italia i titolari di permesso a tempo determinato oggi sono 1.134.000 – sottolinea Guariso –. Tutti loro in quei sei anni hanno avuto tre aumenti e quindi lo Stato si sta trattenendo indebitamente una cifra che stimiamo sia superiore ai 160 milioni. È un caso clamoroso di un debito non restituito e nessuna amministrazione si sta attivando per porre rimedio a questa ingiustizia. Tra l’altro in un periodo in cui proprio nei confronti degli stranieri l’aumento delle tasse (come la domanda di cittadinanza e il money transfert) viene imposto senza suscitare alcuna reazione delle forze politiche”.
L’unica realtà che sta seguendo la vicenda in maniera massiva è la Cgil. “Si tratta dell’ennesima discriminazione verso le persone di cittadinanza straniera – prosegue Lattuada –, una delle tante. La nostra è una causa pilota che vale per Lecco, per la Lombardia e per tutto il territorio nazionale. Vogliamo far capire che anche così si protegge il reddito e si tutelano davvero le famiglie: noi lo facciamo con i fatti, qualcun’altro solo con slogan”.
Segue la situazione anche Diego Riva, segretario generale della Cgil Lecco: “In un periodo difficile del Paese, in cui il livello di tensione è alto e dove le colpe sono sempre dei più deboli, spesso stranieri, noi continuiamo a difendere i diritti di tutti e chiediamo al Governo di risarcire e rispettare gli esiti della Corte europea. Non ci fermiamo qua”.