REFERENDUM AUTONOMIA DIFFERENZIATA, NEL LECCHESE RACCOLTE OLTRE 2.500 FIRME

Giovedì 26 settembre il Comitato Referendario per l’abrogazione della legge sull’Autonomia Differenziata ha depositato alla Corte di Cassazione le firme raccolte con l’obiettivo di cancellare la legge n° 86/2024, che disciplina appunto l’attuazione dell’Autonomia Differenziata tra le Regioni a statuto ordinario. A livello nazionale sono state raccolte ben 1.291.488 firme, 554mila delle quali in formato digitale attraverso il sito internet dedicato e le restanti sui moduli cartacei; ampiamente superata, dunque, la soglia delle 500mila adesioni previste dalla Costituzione per validare la richiesta di referendum. Il territorio lecchese ha contribuito a questo importante traguardo con più di 2500 firme raccolte dai soggetti che compongono il Coordinamento provinciale (organizzazioni sindacali, partiti e associazioni) negli oltre 50 banchetti organizzati tra mercati, piazze, feste e luoghi di lavoro.

Si tratta di un risultato davvero straordinario e per certi versi inatteso, poichè la campagna referendaria è partita alla fine di luglio e si è quindi svolta in piena estate, periodo tutt’altro che favorevole a questo genere di iniziative. Al tempo stesso, consideriamo quello appena compiuto solo il primo passo: tra pochi mesi, se il quesito referendario passerà il vaglio della Corte Costituzionale, saremo nuovamente in campo per convincere milioni di italiani ad andare alle urne. Siamo convinti che gli elettori respingeranno il tentativo di dividere e indebolire il Paese, compromettendone la coesione sociale e le prospettive di sviluppo. Decisioni di questa portata non possono essere assunte secondo una logica di scambio tra forze politiche, in assenza di un confronto pubblico che invece dovrebbe coinvolgere il più ampio numero possibile di persone.

Forti del grande sostegno ricevuto dai cittadini in questa nostra mobilitazione, continueremo a denunciare i pericoli che corriamo a causa di una legge profondamente sbagliata, che aumenterà inevitabilmente i divari territoriali e le diseguaglianze sociali, minerà alle fondamenta il nostro welfare universalistico e danneggerà al tempo stesso lavoratori e imprese.

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