Purtroppo le RSA, insieme agli ospedali, sono stati i maggiori centri di diffusione del COVID-19. Operatori e anziani delle case di riposo hanno pagato un durissimo tributo sia in termini di vite (ancora oggi attendiamo il numero dei decessi da parte ATS Brianza), sia di infortunio sul lavoro tra il personale.
Le nostre RSA, già prima della pandemia erano in serie difficoltà: organico insufficiente rispetto alle reali esigenze degli ospiti, carichi di lavoro insopportabili, scarsa organizzazione con il territorio.
È necessario rivedere i modelli organizzativi, dotare i personale di precisi protocolli per la gestione della pandemia e dei corretti dispositivi di protezione individuali.
È fondamentale, inoltre, evitare la gestione diretta dei pazienti sintomatici, rafforzando il rapporto con l’ASST e ATS. Per questo scendiamo in piazza, perché vogliamo tutelare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori, così come degli ospiti e dei pazienti. Bisogna ridurre il più possibile i contagi nei luoghi di lavoro e per questo diremo le nostre proposte in un tavolo permanente con Regione Lombardia.
Catello Tramparulo
Segretario Generale Fp Cgil Lecco
Il momento che stiamo vivendo è tanto inedito quanto importante. Non dimentichiamo ciò che è avvenuto nei mesi passati e non intendiamo archiviarlo frettolosamente come una questione tanto drammatica quanto inevitabile, soprattutto per i nostri pensionati. Restiamo invece in attesa di conoscere i risultati delle indagini in corso. In questi mesi abbiamo comunque condiviso in modo trasversale la considerazione che il modello della sanità lombarda ha dimostrato dei punti di debolezza e per alcuni aspetti va rifondato.
Per dirla in poche parole grandi ospedali, grandi RSA e poca medicina di territorio; carenze nelle cure domiciliari, pochi presidi sociosanitari vicini ai cittadini. E nella maggior parte dei casi sono gli anziani, insieme alle famiglie, a pagarne le conseguenze. È una soddisfazione da poco affermare che sono le questioni sulle quali, come sindacato unitario, abbiamo insistito da tempo.
Ma adesso non è il momento della polemica bensì della programmazione futura, dentro una grande incognita perché, come purtroppo tutti noi sappiamo, la stessa emergenza potrebbe ripresentarsi nuovamente e non c’è tempo da perdere.
Numerosi sono i temi all’ordine del giorno, ne richiamo tre.
• LE RSA, grandi strutture che sono in alcuni casi a forte rischio di diffusione del virus, hanno molti ospiti non autosufficienti, con numerose patologie e, contemporaneamente, incontrano difficoltà nel reperire personale sanitario e assistenziale in misura adeguata alle esigenze. A tutto ciò si aggiunge una gestione economica difficoltosa, poiché in molte realtà è diminuito il numero degli ospiti ed è a rischio la copertura delle spese. Se non si interviene c’è la possibilità di un aumento delle rette che già per molti anziani rappresentano un grande sforzo economico in parte sostenuto dalle famiglie. Inoltre, come diciamo da tempo è necessario tornare a parlare di domiciliarità: esistono numerose esperienze in atto che tendono a mantenere più a lungo l’anziano nel proprio ambiente, anche attraverso un potenziamento dei servizi territoriali, a cominciare dall’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata)
• LA MEDICINA TERRITORIALE che in questi anni è stata poco valorizzata per non dire smantellata. È mancata e, nell’emergenza coronavirus, ne abbiamo pagato le conseguenze. In piena crisi sono state istituite le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale). Adesso occorre attrezzarsi per il futuro: c’è bisogno di nuclei di assistenza sanitaria territoriale che siano un presidio per garantire i primi esami diagnostici in collaborazione con i medici di base. Un punto di coordinamento fra la medicina territoriale e gli specialisti ospedalieri.
• LE LUNGHE LISTE D’ATTESA che non sono un problema solo da oggi. Ma l’emergenza di questi mesi, a cui si aggiunge la necessità di rispettare le procedure di sicurezza che riducono in modo importante il numero di visite che si possono effettuare, rende la situazione preoccupante. La possibilità di avere risposte in tempi accettabili è seriamente messa in discussione e se questo vale per le patologie, possiamo ben immaginare cosa accade per la prevenzione. Occorre intervenire urgentemente, pensando a nuove strategie, perché non possiamo accettare l’idea che a una persona che ha problemi di salute non si possano dare risposte adeguate e tempestive.
LA SALUTE. È UN DIRITTO, DIFENDIAMOLO
Giuseppina Cogliardi
Segretaria Generale Spi Cgil Lecco