Le misure di “raffreddamento” della rivalutazione automatica delle pensioni, introdotte nella Legge di Bilancio 2023, non violano i principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza che tutelano i trattamenti pensionistici. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, dichiarando non fondate le questioni di legittimità sollevate da alcune sezioni regionali della Corte dei conti. Una sentenza che preoccupa lo SPI CGIL: anche nel territorio lecchese migliaia di pensionati hanno visto calare ulteriormente la loro già ridotta capacità di spesa.
“Come abbiamo già più volte denunciato, la sospensione della rivalutazione automatica delle pensioni comporta un’erosione del potere d’acquisto per i pensionati, senza alcuna garanzia di recupero futuro – afferma Pinuccia Cogliardi, segretaria generale dello SPI CGIL Lecco -. Non si può fare cassa sulle pensioni, giustificando tagli con la necessità di politiche economiche d’emergenza che si trasformano poi in misure strutturali. I pensionati non sono un bancomat, il rischio concreto è che a pagare siano sempre loro”.
Il meccanismo della mancata piena rivalutazione, sottolinea lo Spi, colpisce in particolare quei pensionati che hanno lavorato per una vita, versando contributi importanti, pagando le tasse e mantenendo il nostro sistema di welfare e servizi. Con una inflazione cumulata che negli ultimi anni ha raggiunto il 17%, la riduzione reale della possibilità di spesa è netta. Una sottrazione che inciderà per tutti gli anni a venire.
“E’ inaccettabile che si chiedano ancora sacrifici ai pensionati, mentre 100 miliardi di euro circa all’anno vengono sottratti alle casse dello Stato a causa dell’evasione fiscale e contributiva – continua Cogliardi – L’assegno pensionistico non è una concessione ma un diritto, maturato dopo anni e anni di lavoro: continueremo a batterci affinché non si mettano ancora le mani in tasca ai pensionati.”.