Il provvedimento, che sarà in vigore fino al 3 aprile, allarga le zone ad alto rischio, estendendole all’intera Lombardia e ad altre province di Emilia Romagna, Marche, Piemonte, Veneto. La sospensione delle attività didattica estesa a tutte le scuole.
Nella notte tra il 7 e l’8 marzo il governo ha emanato un nuovo DPCM recante ulteriori misure di prevenzione e di contenimento della diffusione del virus Covid 19. Nelle zone considerate ad alto rischio (“ex zone rosse”) non è più prevista la chiusura delle scuole, ma la sospensione delle attività didattiche. Pertanto vengono superati i contenuti del DPCM del 4 marzo.
L’articolato conferma, sull’intero territorio nazionale, gran parte delle disposizioni già contenute nei precedenti DPCM e prevede misure più restrittive per le zone in cui si è registrata negli ultimi giorni una maggior diffusione del contagio.
La cosiddetta zona ad altro rischio è stata allargata all’intera regione Lombardia e alle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia, con restrizioni rigorose alla mobilità delle persone. In queste zone, sono annullate tutte le iniziative che prevedano aggregazione di persone.
Per quanto riguarda i servizi educativi, le scuole di ogni ordine e grado, i corsi di formazione professionale, le Università, le Istituzioni AFAM sono sospese tutte le attività in presenza fino al 3 aprile, escludendo qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa. Non saranno effettuate riunioni degli Organi Collegiali in presenza.
Su tutto il resto del territorio nazionale restano in vigore le disposizioni relative alla sospensione dei servizi educativi e delle attività didattiche in presenza fino al 15 marzo, confermando la possibilità per tutta la durata dell’emergenza di attivare modalità di didattica e formative a distanza. Le Università e le Istituzioni AFAM favoriranno il recupero delle attività necessarie al completamento del percorso didattico, successivamente al ripristino dell’ordinaria funzionalità.
Per le istituzioni scolastiche, il DPCM ribadisce l’obbligo di certificato medico dopo 5 giorni per la riammissione degli alunni assenti per malattia soggetta a notifica obbligatoria e la sospensione di viaggi di istruzione, visite guidate, ecc. Le scuole sono tenute a applicare le disposizioni previste per le pubbliche amministrazioni in merito alle informazioni sulle misure di prevenzione igienico sanitarie.
Considerata l’emergenza in atto e la necessità di contenere il più possibile gli spostamenti per ragioni lavorative, nelle zone indicate dall’art. 1 del DPCM dell’8 marzo, per l’intera durata del periodo di emergenza, gli istituti scolastici possono adottare forme di lavoro agile e flessibilità organizzativa, anche promuovendo, a domanda del lavoratore, periodi di congedo ordinario/ferie.
L’accesso al lavoro agile, come previsto dalle disposizioni vigenti, è consentito a tutti i profili professionali, anche dirigenziali, con particolare riferimento a condizioni personali di salute, cura dei figli a seguito della contrazione dei servizi di asili nido e scuola dell’infanzia, uso dei mezzi pubblici per raggiungere la sede di lavoro.
Continuiamo a seguire con attenzione l’evolversi della situazione e a sollecitare i Ministeri affinché forniscano man mano aggiornamenti e indicazioni chiare sui comportamenti da adottare al fine di garantire i diritti e la salute di tutti.
Abbiamo inoltre ribadito al Ministero che la possibilità di accedere con priorità a forme di smart working è consentita anche ai lavoratori pendolari residenti fuori del Comune sede di servizio.
Riteniamo che la presenza a scuola del personale ATA debba essere limitata al numero strettamente indispensabile per l’espletamento dei servizi minimi, inderogabili e indifferibili. Nel caso in cui questi non possano essere resi con modalità a distanza, come ad esempio per i collaboratori scolastici, abbiamo proposto che tali prestazioni, in accordo con la RSU/Sindacato, siano assicurate attraverso turnazioni e utilizzo di unità ridotte di personale, con l’obiettivo di rispettare le misure di sicurezza finalizzate a ridurre la diffusione del contagio.
In questo stato di emergenza, anche per i settori privati, l’organizzazione del lavoro, sempre per evitare situazioni di contagio, deve essere improntata a criteri di flessibilità, favorendo le richieste di congedo da parte dei dipendenti, fatto salvo quanto previsto per l’accesso al Fondo di Integrazione Salariale (Fis). In tal senso, i poteri datoriali vanno finalizzati alla riduzione al minimo degli spostamenti dei lavoratori sul territorio; è quindi fondamentale confrontarsi con le Rsu/sindacati territoriali vista l’emergenza che comporta accordi ad hoc, considerato che le regole vigenti non sono al momento adeguate.
Al Mi e al MUR abbiamo ribadito la nostra disponibilità ad ulteriori interlocuzioni per trovare soluzioni organizzative che tutelino sia la salute dei lavoratori sia la funzionalità dei luoghi di lavoro.
Auspichiamo che i provvedimenti adottati possano consentire il rapido superamento dell’emergenza e la piena ripresa delle attività e della vita sociale nei luoghi della conoscenza e in tutto il Paese.