Vicenda Tim, Slc: “L’azienda rischia seriamente il capolinea”

“Tim rischia di essere al capolinea della sua prestigiosa storia. Negli ultimi 20 anni, dopo la privatizzazione, l’azienda è stata scentemente scarnificata da tutti coloro che si sono succeduti nel controllo.” Così dichiara Fabrizio Solari, segretario generale Slc Cgil, commentando l’avvicendarsi di notizie circa il più importante gruppo di Tlc in Italia.

“Ora si rischiano migliaia di esuberi oltre che privare il paese di una grande azienda che avrebbe potuto guidare il processo di digitalizzazione quanto mai necessario per poter puntare all’innovazione e allo sviluppo”.

“L’aver permesso tutto questo sta alla responsabilità della politica e dei governi passati – afferma il segretario generale Slc Cgil -. Il sindacato, unitariamente, già nell’aprile scorso aveva avanzato una sua proposta, consegnandola a tutti i gruppi parlamentari e, successivamente, al nuovo governo. Ad oggi non è stato possibile avviare alcun serio confronto: mi auguro che l’incontro col ministro dello Sviluppo Economico fissato per il prossimo 22 novembre possa servire a invertire la rotta – conclude Solari”.

Nel 1997, l’ultimo anno della gestione pubblica, l’allora Telecom era tra le prime cinque aziende del settore nel mondo. Sviluppava un fatturato di circa 23 miliardi, i debiti stavano sotto gli 8 miliardi, gli investimenti ammontavano a circa 6,5 miliardi l’anno e i dipendenti erano oltre 120.000. Economicamente sana, adeguatamente capitalizzata e fortemente presente all’estero l’azienda era perfettamente in grado di affrontare la sfida della globalizzazione. Vent’anni dopo, grazie all’intervento dei privati, l’attuale Tim fattura poco più di 19 miliardi, ha circa 30 miliardi di debiti, investe poco più di 3 miliardi, occupa circa 45.000 dipendenti e le partecipazioni estere si sono ridotto alla sola realtà brasiliana (Tim Brasil).

I numeri raccontano di un lento ma costante processo di scarnificazione che ha impoverito l’azienda, il lavoro e il Paese.

 

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